Rendere visibile l’invisibile

 

Nell’estate del 1991 ebbi l’opportunità di realizzare, come direttore artistico assieme a Pasquale De Cristofaro nell’antica Certosa di Padula, il primo festival al mondo  dedicato al mio maestro Etienne Decroux.

Arrivarono troupe teatrali internazionali da mezza Europa, per me il confronto fu forte e stimolante perché qui presentai il mio spettacolo Belacqua che avevo provato con mia moglie Lina Salvatore per mesi e col quale avevamo debuttato in precedenza (in occasione del bicentenario della Rivoluzione Francese 1789-1989)  al teatro del Consolato di Francia  a Napoli, su invito all’epoca dell’illuminato direttore Jean Digne.  Oltre agli spettacoli, il festival promuoveva anche momenti  di didattica con stage e conferenze e questo per un’intera settimana intensissima; qui conobbi due straordinari docenti di storia del teatro e dello spettacolo, i proff. Marco De Marinis del DAMS di Bologna e Paolo Puppa dell’Università di Venezia, e con i quali nacque una profonda amicizia fitta di poderosi progetti comuni nazionali e internazionali. Invitammo il grande Marcel Marceau che era stato allievo di Decroux negli anni ’40. Marceau (il cui vero nome era Marcel Mangel, variato in Marceau perché braccato dalla Gestapo durante la  seconda guerra mondiale) accettò e tenne il 14 luglio (data incandescente relativa alla Rivoluzione Francese) un suo spettacolo della durata di due ore e tutto da solo. Performance magnifica e faticosissima,  totalmente di movimento dove si avvicendarono straordinari e numerosi personaggi, creature che oscillavano nel gusto e nelle dinamiche corporee dalla pantomime blanche ottocentesca di Jean-Gaspare Deburau, ai grandi comici del cinema muto del primo Novecento quali Buster Keaton, Charlie Chaplin, Harry Langdon, Stan Laurel, Oliver Hardy, Harold Lloyd con azioni mimiche sospese fra immagini oniriche ispirate a Chagall, Picasso e ai poeti del Surrealismo; in alcune di queste pantomime apparve anche il suo personaggio chiamato Bip. Ebbi la fortuna e l’onore di essere suo assistente nello stage che condusse poco prima dello spettacolo. Qui ho un ricordo stupendo che mi ha segnato e mi ha fatto riflettere molto negli anni a venire, episodio che racconto spesso ai miei allievi dell’Accademia di Mimodramma/ICRA Project a Napoli e agli altri miei studenti dell’Accademia Silvio d’Amico di Roma. Dopo lo spettacolo Marceau, particolarmente affaticato per il poderoso impegno fisico che richiedeva lo spettacolo (all’epoca aveva quasi 70 anni), accasciato sulla sedia nel suo camerino, madido di sudore e col cerone bianco che si scioglieva sul volto, mi guardò con gli occhi rossi e lucidi. Silenzio. Poi guardando lentamente in alto, come in una fase estatica,  e  portando le mani nodose e articolate al di sopra della sua testa mi disse: – “Michele, ti è piaciuta quella scena dove ho agito solo con le mani isolandole in aria? (qui ricordo che cominciò ad accennare un passaggio gestuale della scena)…con i due guanti uno nero e l’altro bianco…nello spazio… le mani sospese…sai…ecco…la lotta tra il bene e il male, il contrasto fra il giorno e le tenebre, la gioia e la malinconia…è un brano che non ho ancora completato…devo perfezionarlo…che ne pensi?… ”-  Lui, il grande Marceau, chiedeva ad uno sconosciuto come me che praticava teatro e mimo da poco più di 12 anni un parere… Il grande Marceau, all’epoca in scena già da 50 anni, il cui genio aveva fatto il giro dell’intero mondo decine di volte ottenendo successi a non finire, premi, riconoscimenti internazionali prestigiosi, lui, il grande Marceau coltivava ancora il…dubbio!  Quella sua domanda, quella sua profonda sincerità e umiltà mi insegnarono tanto, tantissimo. Commosso e trepidante gli dissi che quella scena era stata a mio avviso tra le più belle perché più astratta, e quel silenzio e quei segni erano ricchi di musica cosmica e che il brano mi era apparso perfetto. Dopo un po’ mi salutò stringendomi la mano e sorridendomi col fare elegante di un uomo di altri tempi, avec la politesse française.

Uscii dal camerino che qualcosa si era modificato in me perché avevo incontrato un altro grande maestro del Novecento…

Sì, credo ancor più che un artista autentico custodisca sempre in sé il dubbio, ciò per continuare la ricerca della Bellezza, che altro non è che un viaggio nell’umanità da affrontare nella maniera più coraggiosa e sacra possibile.

“Rendere visibile l’invisibile e invisibile il visibile è un atto da poeta”

Marcel Marceau, 1987

 “L’attore è un atleta del cuore”

Antonin Artaud, 1936

 

Michele Monetta

Napoli, lì  9 giugno 2023