HAMLETMACHINE

ideazione regia scene e luci ROBERT WILSON

testi HEINER MÜLLER

TEATRO DELLA PERGOLA

SALONCINO PAOLO POLI
23- 25 GENNAIO 2018

ore 20:45

Dopo 31 anni torna Hamletmachine di Heiner Müller nella visione di Robert Wilson con gli allievi diplomati dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio d’Amico’.

Una meditazione su Amleto e miriadi di altri argomenti, da altre opere di Shakespeare fino all’insurrezione ungherese del 1956, fino a un tipo di vendetta femminista sulla mascolinità incerta, che non racconta una storia e non sviluppa personaggi nel senso tradizionale.

Müller e Wilson condividono un misticismo pieno di immagini apocalittiche, distante tanto dalle convenzioni del teatro commerciale americano, tanto dalla pietà del socialismo realista.
Wilson consente alla parola parlata di essere ascoltata e capita. Il testo di Müller raggiunge gli spettatori attraversando un intenso paesaggio sonoro, così da rendere difficile la comprensione di cosa accada realmente in palcoscenico e cosa invece sia parte di una traccia sonora registrata. Raramente gli attori recitano liberamente senza distorsioni sonore. L’opera non si manifesta unicamente visivamente, ma piuttosto acusticamente, con un’estrema chiarezza e plasticità.

Un progetto di Change Performing Arts commissionato da Spoleto Festival dei 2Mondi per l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio d’Amico’.

Concepito nel 1977 dopo il primo viaggio in America dell’autore, Hamletmachine nasce originariamente dall’incontro tra Heiner Müller e Robert Wilson, venendo alla luce quasi nove anni più tardi.
L’amicizia tra Robert Wilson e lo scrittore della DDR Heinrich Müller non fu solo leggendaria, ma anche estremamente produttiva: Müller scrisse testi per la Sezione Colonia di The Civil warS (1984), The Forest (1988) e La Mort de Molière (1994), e alcuni di questi vennero usati in Medea (1984), Alceste (1986) e Ocean Flight (1988).

Müller dichiarò successivamente che la versione di Hamletmachine concepita da Wilson fosse “il miglior spettacolo di sempre” nella sua intera carriera, celebrando l’opera per l’incredibile e innovativo impianto illuminotecnico e visivo e per la quasi totale assenza di interpretazione scenica. Elogiato da Gordon Rogoff nei suoi scritti come “un trionfo”, valse a Wilson un Obie Award come Miglior Regista.

La prima messa in scena risale al 7 maggio 1986 sul palcoscenico del teatro della New York University con la partecipazione degli allievi stessi; la versione tedesca segna invece il suo debutto il 4 ottobre dello stesso anno alla Kunsthalle di Amburgo. Lo spettacolo non è stato più ripreso da allora, e ritorna in scena quindi dopo ben 31 anni grazie alla commissione di Spoleto Festival dei 2Mondi e alla partecipazione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio d’Amico’.

Müller preferisce la tragedia alle altre forme teatrali, perché gli permette allo stesso tempo di poter “dire una cosa e il suo esatto contrario” e non suggerire, invece, l’autodistruzione. Piuttosto offre così se stesso, spogliato all’essenziale. La fotografia stappata è quindi metafora del suo io spoglio, dannato, diviso.

Nulla in Hamletmachine può essere preso come lo si trova, ancor meno le nostre aspettative teatrali o la nostra esperienza Shakespeariana. Ma se questa fosse la sua unica innovazione, sarebbe soltanto un’altra versione delle frammentarie forme non lineari che hanno sovvertito il teatro drammatico sin da Woyzeck. A Müller non interessa la cronologia degli eventi, mescola così diversi periodi insieme, o episodi della sua stessa biografia. A differenza però della maggior parte degli americani, utilizza il palcoscenico come discorso pubblico piuttosto che la confessione privata.

Letteralmente, il testo sembra essere più di uno scarabocchio dadaista: Il cuore di Ofelia è un orologio, le prime parole pronunciate da Amleto son “Io ERO Amleto”, ma allo stesso tempo lster sostiene che fosse Macbeth; il terzo atto, “Scherzo”, si svolge all’Università dei morti; l’attore che interpreta Amleto non dovrebbe notare che i macchinisti stanno posizionando un frigorifero e tre televisori sul palcoscenico; nel quarto atto, Amleto attacca la testa di Marx, Lenin e Mao con un’ascia.

Ma anche se tutto questo potesse essere letteralmente rappresentato, Müller è comunque più provocante, astuto, teatrale, anche dei suoi più sfrenati sogni. In Wilson, Müller ha trovato il regista perfetto per dare vita/luce al suo scarabocchio, e in Muller, Wilson ha finalmente trovato il drammaturgo che può dare peso alle sue straordinarie e impalpabili visioni.

Una volta visto, nulla potrebbe essere più semplice di quella soluzione razionale, cubista e geniale di Wilson, ma non è probabile che chiunque altro avrebbe potuto immaginare qualcosa del genere.

La durata dello spettacolo è di un’ora e 40 minuti, atto unico.

Prezzi Intero 18€

Ridotto (Over 60, Under 26, Abbonati Teatro della Toscana, Soci UniCoop Firenze) 15€

Tutte le date
TEATRO DELLA PERGOLA - SALONCINO PAOLO POLI - Firenze
  • 23 Gennaio 2018 - ore 20:45
  • 24 Gennaio 2018 - ore 20:45
  • 25 Gennaio 2018 - ore 20:45